di Simone Bartoli – Segretario Regionale Articolo Uno Toscana
Siamo finalmente prossimi alla cosiddetta ‘Fase 2’: la fase della ripartenza. Occorre chiarire che questa fase non potrà essere caratterizzata semplicemente dalla riapertura delle attività produttive chiuse in seguito all’epidemia. Certo, ciò è di vitale importanza, ma sarebbe un errore clamoroso non utilizzare quanto è successo per ripensare complessivamente al nostro modello di sviluppo. Se davvero in ogni crisi è insita anche una opportunità, noi oggi dobbiamo uscire dalla crisi ed aprirci nuove opportunità. Occorre che la fase della ripartenza sia caratterizzata, a mio avviso, da almeno tre direttrici: programmazione, innovazione e transizione ecologica.
La crisi ha fatto emergere una società caratterizzata dalla debolezza del lavoro. Sono soggetti deboli in questo contesto sia i lavoratori dipendenti sia i piccoli autonomi che vivono degli incassi giornalieri. Con il DPCM di Marzo e con quello in preparazione per il mese di Aprile, il Governo ha cercato di andare incontro alle esigenze di tutti, i 600 €, la CIG in deroga, l’allungamento della disoccupazione. Ma ciò che si rende effettivamente necessario è prevedere un “reddito universale”, cioè una misura strutturale che vada a coprire chiunque resti senza lavoro e senza stipendio. Tanto più in una società dove la domanda di lavoro è sempre più scarsa.
Durante il distanziamento sociale molti hanno sperimentato la possibilità dello smart-work. E’ una vera rivoluzione perché ci costringe a passare dal concetto di “tempo di lavoro” al concetto di “risultato del lavoro”, con una gestione del tempo che può essere in mano allo stesso lavoratore. Ma non solo il lavoro è diventato telematico, abbiamo scoperto che anche ogni altra attività che fino ad oggi era svolta di persona può essere svolta in video-conferenza. Certo questo prevede necessariamente un Paese ad alta connettività, senza zone con assenza di fibra. E allora forse anche l’infrastrutturazione telematica può tornare ad essere una grande investimento pubblico.
Infine, l’assenza dell’uomo dall’ambiente ha dimostrato con quale rapidità la natura sia in grado di riappropriarsi di spazi e luoghi. Assistiamo ad un sensibile calo dell’inquinamento sia dell’aria che delle acque, con animali che tornano laddove non c’erano più. Non possiamo pensare ad una ripartenza che faccia finta di niente rispetto a tutto ciò per riprendere esattamente la vita come prima. Occorre quindi una fase di forte transizione della produzione in senso ecologico, con forti riconversioni ed innovazioni in modo che lo sviluppo economico impatti sempre meno sull’ecosistema garantendo al pianeta la possibilità di un futuro più sostenibile.
Le risorse per realizzare tutto questo ci sono. Possono essere rintracciate attraverso una riforma fiscale che colpisca i grandi redditi e i grandi patrimoni. Altro che tassa piatta, una imposta sul reddito con almeno 7/9 scaglioni con aliquote diverse, secondo il principio che chi ha di più deve dare di più. E, soprattutto, una lotta vera all’evasione fiscale che recuperi risorse per investimenti di pubblica utilità, dalla sanità, alla scuola, dall’aiuto alle fasce sociali più deboli ai servizi per l’infanzia, la famiglia, ai vari tipi di fragilità. Non è proprio con questa crisi che ci siamo accorti con grande evidenza di quanto tutto ciò sia necessario a costruire una società giusta?
Ecco, a pensarci bene, non è questa davvero una grande opportunità per chi vuole cambiare modello di sviluppo? La sinistra mondiale (e italiana) può trarre nuovo vigore da una giusta comprensione di quanto sta succedendo. E può avere un consenso rinnovato se avrà il coraggio di porre con forza l’idea del cambiamento in senso progressista della società. Se non avrà paura di rilanciare i propri valori e i propri ideali aggiornandoli ad un contesto nuovo, ma dove non è certo venuto meno lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma anzi ad esso si è aggiunto in forme sempre più violente lo sfruttamento dell’ambiente. Sembra proprio il caso di utilizzare una vecchia formula “se non ora, quando?”.