La fase di “sospensione della politica” sta per chiudersi. e penso che non sia un male.

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di Simone Bartoli Segretario Articolo Uno Regione Toscana

L’anno che si sta chiudendo è stato senza alcun dubbio un anno eccezionale da molti punti di vista. E’ cominciato con la nascita, a Gennaio, del Governo presieduto da Mario Draghi. Un Governo veramente eccezionale, non solo per le caratteristiche del Presiedente del Consiglio, ma per la maggioranza che lo sostiene. Se infatti abbiamo già avuto nella storia recente della nostra Repubblica, Governi presieduti da personalità esterne alla politica, chiamate a fronteggiare situazioni complicate (Ciampi, Monti), certamente nessuno come Mario Draghi ha potuto contare sulla maggioranza quasi totale del Parlamento.
Certo, eccezionale è senza dubbio anche la fase che stiamo vivendo. La pandemia, che ancora purtroppo non sembra sconfitta, le difficoltà di ordine sanitario – l’ospedalizzazione dei malati di Covid, ma anche di coloro che sono affetti da patologie diverse, l’organizzazione della campagna vaccinale – e le difficoltà economiche e sociali che sono esplose in seguito alle misure di contenimento del virus. Ed eccezionali sono anche i provvedimenti che sono stati posti in essere per fronteggiare questa situazione: a partire dai fondi europei che hanno dato vita al PNRR, un volume di risorse imparagonabile ad ogni altro finanziamento precedente.
Questa fase eccezionale sta però adesso volgendo inevitabilmente al termine. Il passaggio politico delicatissimo dell’elezione del Presidente della Repubblica è destinato, comunque vada, a segnare un cambiamento della situazione. La fase di ‘sospensione della politica’ sta per chiudersi, ed io sono convinto che ciò non sia affatto un male. Occorre infatti ritornare ad un confronto aperto ed esplicito sulle scelte da compiere per il futuro. E’ anomalo che posizioni
politiche così diverse possano convivere nello stesso esecutivo, ed i provvedimenti che ne scaturiscono sono compromessi assolutamente insoddisfacenti.
Occorre ritornare a confrontarsi su come vogliamo uscirne, da questa pandemia. Non è affatto vero, come sembrava ai più ottimisti, che ne usciremo migliori. Le diseguaglianze sociali sono ulteriormente aumentate e c’è una fascia crescente di persone sotto la soglia di povertà. Il ruolo dello Stato come regolatore delle differenze è rimesso in discussione dopo l’emergenza sanitaria e la consapevolezza dell’importanza di beni comuni fondamentali è tutt’altro che acquisita, come dimostra il recente DDL sulla concorrenza. Sono questi, io credo, i motivi che hanno portato la CGIL e la UIL a proclamare lo sciopero generale del 16 Dicembre scorso. Quella Piazza è stata una boccata d’ossigeno, la ripresa della lotta politica, come molti hanno riconosciuto, qualcuno per la verità solo tardivamente. Occorre avere la consapevolezza che quella Piazza ha oggi bisogno di una rappresentanza politica che ancora non c’è. Un Partito del Lavoro, che metta al centro la questione sociale che nel nostro Paese rischia di essere dirompente, se è vero come è vero che negli ultimi trent’anni i salari e gli stipendi degli italiani hanno perso il 3% del loro potere d’acquisto (nello stesso periodo negli USA sono aumentati del 48% e la media europea è di una crescita di oltre il 30%). Il compito che abbiamo quindi davanti è quello della ricostruzione di una grande forza organizzata della Sinistra nel nostro Paese che dia voce e rappresentanza al mondo del lavoro.
Non sto parlando ovviamente di un nuovo rassemblement elettorale. Anzi, dobbiamo avere la consapevolezza che i tempi di realizzazione di questo obiettivo non hanno niente a che vedere con le scadenze elettorali. Sarà piuttosto un compito di medio/lungo periodo; un compito che non prevede né scorciatoie organizzativistiche né finzioni autoconvincenti e autoconsolatorie. Insomma, non possiamo accontentarci di niente di meno di ciò che è necessario. Quello che serve è lavorare per la costruzione di una cosa davvero nuova, che si candidi a governare il Paese con un’Alleanza di centro-sinistra, ma che non si ponga il tema del Governo a qualunque costo. Che abbia piuttosto l’obiettivo di conquistare il Governo per migliorare concretamente le condizioni di vita e di lavoro delle fasce sociali più deboli. Occorre recuperare le migliori energie che in questi anni con generosità hanno tenuto aperta una prospettiva di Sinistra, ma occorre anche non rivolgersi solo ad un ceto politico disgiunto dal popolo. Questo è il lavoro che abbiamo il dovere di ricominciare a fare.

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