Bartoli: il “decreto rilancio” e lo scontro politico per il governo del Paese

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di Simone Bartoli – segretario Articolo Uno Toscana

Il “Decreto Rilancio” è stato finalmente licenziato dal Governo. Dopo settimane di confronto, dentro e fuori dalla maggioranza, finalmente il provvedimento ha visto la luce. Si tratta come ovvio di un risultato di compromesso tra portatori di interessi diversi, tra istanze di parti tra loro a volte contrapposte. Ma quale giudizio possiamo dare del risultato raggiunto? Risponde alle esigenze del Paese? Riesce ad andare incontro a coloro che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia e dal conseguente lockdown?
La prima considerazione che dobbiamo fare riguarda, a mio avviso, la quantità di risorse che il Decreto mette in campo. 55 Miliardi, che vanno ad aggiungersi ai 25 miliardi del precedente “Cura Italia”, sono in effetti uno sforzo notevole per il nostro Paese. Si può dire da questo punto di vista che il Governo ha dato fondo a tutte la disponibilità e anche oltre (visto che quasi tutte le misure saranno finanziate a debito). Non sono state certo sottovalutate le necessità di lavoratori dipendenti e professionisti, di imprese e famiglie.
Occorre poi rilevare come gran parte di queste risorse (quasi la metà) siano in effetti dedicate direttamente alla difesa del lavoro, attraverso misure come il prolungamento della cassa integrazione in deroga, il prolungamento della disoccupazione, anch’essa in deroga, la nascita del reddito di emergenza (REM) per coloro che non hanno la possibilità di nessun introito. Se a questi provvedimenti uniamo anche la scelta di prolungare il blocco dei licenziamenti ne viene fuori indubbiamente una manovra con un segno sociale ben preciso.
Certo, rimangono anche delle perplessità notevoli su altre misure. Due sopra le altre. L’azzeramento dell’IRAP per tutte le imprese, anche quelle che non hanno diminuito il loro fatturato in questo periodo (e cioè che non hanno avuto ripercussioni negative dall’avvento dell’epidemia), anche quelle che lo hanno incrementato, e ce ne sono. Non sembra certo una scelta di equità. Inoltre la regolarizzazione degli stranieri che lavorano solo in alcuni settori, ha più il sapore di una scelta di comodo che della condivisione di un giusto principio.

Come mai non siamo riusciti ad eliminare questi limiti che oggettivamente ci lasciano in bocca l’amaro sapore di un Decreto che poteva essere migliore? La risposta è perfino troppo banale: quelli che noi chiamiamo i “poteri forti” esistono davvero e per l’appunto sono forti. Fanno sentire la loro pressione direttamente o attraverso chi aspira a rappresentarne gli interessi. Non sarà sfuggito che il neo-presidente di Confindustria ha dato una sterzata all’organizzazione in senso più marcatamente padronale.
Come non sarà sfuggito certo che la riorganizzazione della grande stampa nazionale, soprattutto dei due gruppi editoriali leaders (Gruppo Repubblica e La7/Corriere della Sera) vede schierare tutte le testate maggiori del panorama italiano nella difesa degli interessi delle classi economicamente più forti. Materia del conflitto, di cui risente anche il “Decreto Rilancio”, è la piega che vogliamo dare alla ricostruzione, e cioè in quale direzione spenderemo i soldi della ricostruzione e, soprattutto, quali saranno i soggetti sociali a gestire tali risorse.
Lo scontro assume anche una dimensione politica, poiché appare sempre più evidente che questo Esecutivo, con una presenza evidentemente troppo marcata della Sinistra al suo interno, non dà le garanzie necessarie ai cosiddetti poteri forti. E non a caso, la piccola ma agguerrita pattuglia renziana di Italia Viva si candida al ruolo di garante di tali interessi, minacciando un giorno sì e l’altro pure, la caduta del Governo non appena sarà passata la fase più acuta dell’epidemia. C’è da scommetterci.
Purtroppo però dobbiamo anche constatare che non sempre gli altri gruppi che fanno parte della maggioranza sono altrettanto determinati nel contrastare tali posizioni. In modo particolare il Partito Democratico è ancora attraversato da contraddizioni di fondo, per cui mentre con alcuni ministri e dirigenti è possibile condividere obiettivi e strategie, complessivamente osserviamo ancora una leadership timida e timorosa verso l’agonismo renziano. Caso a parte sono i 5 Stelle, sprofondati in un caos da cui sembra non riescano ancora a risollevarsi.
L’impegno di Articolo UNO è forte e determinato, lo si è visto nel lavoro che il Ministro Speranza ha portato avanti nei mesi trascorsi. Si traduce nel fatto che dal punto di vista sanitario l’Italia ha reagito con prontezza all’epidemia tanto che le misure adottate sono state poi introdotte anche negli altri Paesi. Si traduce anche in una visione chiara della Sanità del futuro caratterizzata da una riorganizzazione dei servizi sul territorio e da un rinnovato ruolo del sistema pubblico. Gli oltre 3 miliardi stanziati dal “Decreto Rilancio” ne sono la testimonianza diretta.
Purtroppo le nostre forze parlamentari sono ancora limitate, ma le spenderemo per migliorare il Decreto rispetto alle scelte che ancora non ci soddisfano, sperando di riuscire a costruire su questi obiettivi ampie alleanze e convergenze con gli altri gruppi parlamentari, dal PD ai 5 Stelle. Ma soprattutto la nostra determinazione sarà fortissima nel tentare di impedire che si realizzi quell’idea sconsiderata di far cadere il Governo Conte e conseguentemente far precipitare il Paese in una fase di incertezza e di destabilizzazione di cui nessuno sente la necessità.

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