di Simone Bartoli . Segretario Articolo Uno Toscana. La rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica rappresenta una chiara sconfitta della politica. Intendiamoci, qui non è in discussione il profilo di Mattarella. Sono anzi fermamente convinto che rispetto a molti nomi che sono circolati in queste giornate convulse avremo avuto almeno la fortuna di tenere, a Capo della nostra Repubblica, una persona con una solida cultura costituzionale. Il che non è poco. Tuttavia, è triste constatare il fatto che il Parlamento, per la seconda volta consecutiva (dopo la rielezione di Napolitano) si dimostra incapace di dare naturale attuazione alle scadenze previste dalla Costituzione. Sono infatti convinto che uno dei maggiori pericoli per una Democrazia, sia quello di vivere in uno stato di eccezionalità permanente. Come dimenticare infatti il durissimo discorso che Giorgio Napolitano rivolse alla Camere riunite, proprio all’indomani della sua rielezione. Sembra oggi che nessuno ricordi più quegli applausi scroscianti da parte degli stessi Parlamentari, accusati dall’allora Presidente di sostanziale irresponsabilità ed incapacità. Forse molti di loro non siedono più in Parlamento. Ma molti sì, ed evidentemente sono di memoria corta. Come non aver compreso infatti le resistenze che lo stesso Mattarella aveva esplicitato in ogni modo possibile motivando proprio con la necessità del normale corso dell’avvicendamento della massima carica dello Stato. Ecco, in questi giorni appena passati abbiamo avuto l’impressione proprio di un totale senso di irresponsabilità della maggior parte nostri Parlamentari, i quali piuttosto che ragionare con pazienza e determinazione sull’individuazione della figura migliore per ricoprire la più alta carica dello Stato, abbiano fatto prevalere obiettivi altri come la necessità prioritaria del mantenimento in carica del Governo per la paura di una fine anticipata della legislatura. Tutte questioni che poco o niente debbono avere a che vedere con l’elezione del Presidente della Repubblica e che hanno finito per viziare nel profondo la dinamica democratica. Non ci dobbiamo stupire se di fronte ad una nuova debacle del Parlamento si rafforzeranno le spinte di coloro che chiedono a gran voce (già lo fanno Meloni e Renzi) l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, assestando così un altro colpo violentissimo alla nostra Costituzione di Repubblica Parlamentare. Quello che appare chiaro è che si apre oggi una fase completamente nuova che può anche aprire situazioni inedite. L’implosione della coalizione di Centro-Destra potrà oggettivamente favorire la riaggregazione di un’area di Centro. Se questa operazione si verificherà e se sarà aiutata da una riforma elettorale in senso proporzionale (auspicabile) potrebbe attrarre verso di sé anche forze come il PD (o una parte di esso) e perfino pezzi della Lega giorgettiana. Certo, terrebbe fuori dall’area di Governo la Destra più estrema di Meloni e Salvini, il che sarebbe naturalmente un fatto positivo per il Paese. Ma sarebbe un’aggregazione con un profilo politico e programmatico moderato, pervaso dal tecnicismo draghiano; complice un progressivo e ad oggi purtroppo verosimile indebolimento ulteriore del M5S nel quale sembra riaprirsi lo scontro fra Conte e Di Maio. In questo quadro Matteo Renzi farebbe la sua parte di soggetto dominante. Occorrerà dedicarsi allora, e in ogni caso, alla ricostruzione di un Partito della Sinistra, con una organizzazione “robusta” che provi a dare rappresentanza al Lavoro e alla questione sociale. Questo è ciò che dobbiamo alle generazioni future.
