di Simone Baroli – Segretario Articolo Uno Toscana
Questa è la prima riunione della nostra Direzione Regionale che facciamo dopo le elezioni amministrative dell’ottobre scorso. Abbiamo riunito più volte la nostra Segreteria e in più occasioni fatto riunioni con tutti i Segretari Provinciali; credo che sarà utile fare una nostra Assemblea degli iscritti nel prossimo mese di Dicembre, ma
questa è la nostra prima Direzione dopo quel passaggio.
Ritengo quindi opportuno che la nostra riflessione, che pure si snoderà anche su altre questioni nel frattempo intervenute, debba però ripartire da quel passaggio elettorale, poiché questo apre sicuramente, in un modo o in un altro, l’ultima parte della legislatura avviata nel 2018. Le elezioni amministrative hanno prodotto un successo indubbio
della coalizione di Centro-Sinistra. Credo che non dobbiamo assolutamente sottovalutare questo passaggio, poiché questo ci dice come la partita contro la Destra sia una partita davvero possibile.
Lo ritengo fondamentale, poiché, fino a poche settimane prima di quel voto tutto sembrava indicare che la Destra avrebbe vinto senza troppi problemi le prossime elezioni politiche e il Centro-Sinistra, nel suo complesso, era fuori gioco.
Invece abbiamo vinto nelle cinque città più importanti che andavano al voto, che poi sono anche le cinque città più importanti del Paese, e abbiamo vinto in maniera netta, senza ombre.
Addirittura in tre di queste: Milano, Napoli e Bologna, abbiamo vinto al primo turno. Nelle altre due, Roma e Torino, abbiamo vinto al secondo turno. Praticamente in tutte e cinque le città non c’è stata partita contro un Centro-Destra e una Destra che non ha sfondato, considerando anche il limite storico di una mancanza di classe dirigente diffusa in quel
campo, soprattutto in termini di capacità amministrativa.
Occorre quindi non sottovalutare questo risultato, poiché la vera partita la giocheremo alle prossime elezioni politiche proprio contro il Centro-Destra. Tuttavia, se il passaggio elettorale segna una vittoria chiara e netta
del Centro-Sinistra, non è vero che non ci siano ombre. La principale è senza dubbio rappresentata da una astensione
elettorale altissima. Infatti, nelle città vinte al primo turno solo Bologna raggiunge il 50% dei votanti, mentre al ballottaggio né Roma né Torino raggiungono il 40% dei votanti. Si tratta di un limite evidentissimo per tutti coloro che hanno a cuore la democrazia rappresentativa. Soprattutto se andiamo ad indagare dove si concentra questa forte astensione: si concentra in modo particolare nelle aree periferiche delle grandi città, laddove vive una popolazione economicamente e socialmente più debole, e forse anche culturalmente meno attrezzata. L’esatto contrario delle ZTL, insomma. Cioè quella parte di popolazione che dovrebbe essere la base sociale di riferimento della Sinistra. Intendiamoci: noi quella parte di popolazione l’avevamo già persa. Erano strati sociali disillusi e imbruttiti che si erano spesso rifugianti nel voto ad una Destra che faceva leva su una falsa idea di protezione basata su chiusure ed egoismi. Ma questa volta questo pezzo di società non è andato neppure a votare a Destra. E infatti la Sinistra vince in maniera netta. E tuttavia ciò non può farci essere soddisfatti. Anzi, il distacco dal voto, segna un ulteriore passo verso l’allontanamento delle fasce sociali più deboli, dei poveri – possiamo chiamarli così? – dalla politica e dalla
democrazia rappresentativa.
Senza ombra di dubbio una sconfitta per tutta la politica, per la Sinistra in primo luogo. In questo contesto quindi, se da un lato appare chiaro che la partita per le prossime elezioni politiche è una partita aperta, appare altrettanto
chiaro che è davvero tutta da giocare e niente affatto scontata. La prima cosa che dobbiamo fare è quindi dedicarci alla costruzione di una proposta politica che sia davvero in grado di raccogliere forza e consenso fra gli elettori. Una coalizione di Centro-Sinistra che possa davvero contendere alla Destra la vittoria elettorale. Io sono convinto che sia possibile, ma a patto di essere estremamente chiari con i nostri elettori. Quanti di questi sono ancora rifugiati in quel bosco dell’astensione?
Occorre quindi costruire un campo largo. Ma non basta. Intanto perché in queste ultime settimane la formula ha assunto connotati diversi. Un campo largo certo, ma quanto largo? Se sembra ormai appurato, grazie alla forza dei numeri, che il Movimento di Conte debba far parte di questa coalizione, non sembra invece altrettanto chiaro quanto largo debba essere questo campo. Se debba comprendere cioè anche forze come quelle di Calenda e di Renzi (quest’ultimo ormai chiaramente inviso da tutta l’opinione pubblica senziente di Centro-Sinistra). O se debba spingersi perfino oltre. Il Sindaco di questa città non fa mistero del resto da tempo di ritenere che questo campo largo debba arrivare almeno fino a Brunetta.
Qualcuno ne siamo certi, arriverà ad ipotizzare perfino Giorgetti, se non Salvini. Campo largo quindi, ma anche proposte chiare. Noi siamo convinti che rilanciare nei contenuti l’esperienza positiva che si era concretizzata nel Conte II sia il modo per poter ottenere risultati positivi nell’elettorato. Il Conte II infatti è stato un Governo che ha affrontato, primo fra tutti in Europa, la vicenda della pandemia. E l’ha affrontata con competenza e dedizione. E soprattutto, dando ai propri provvedimenti un segno politico chiaro ed inequivocabile. Non solo difendendo la Sanità pubblica, grazie al grandissimo lavoro compiuto dal nostro Ministro Roberto Speranza, ma anche intervenendo dal punto di vista economico e sociale con provvedimenti con un chiaro senso politico: penso anzitutto al blocco dei licenziamenti, ma anche agli aiuti consistenti alle piccole e piccolissime imprese, dove spesso titolari e dipendenti appartengono alla stessa classe sociale. Un Governo apprezzato e che godeva, fino alla manovra inaudita del solito Renzi, della grande fiducia a del consenso della maggioranza dei cittadini italiani. Sono convinto che riproporre una coalizione ispirata a quella
esperienza di governo aiuterebbe a poterci giocare una partita contro la Destra a viso aperto. Non sono invece altrettanto convinto che sia utile, soprattutto nei confronti del nostro elettorato, voler a tutti i costi apparire come i continuatori di questa esperienza di governo in essere. Dispiace che la lettura che viene data del risultato delle elezioni amministrative sia quella della continuità con l’operato di Draghi. Credo che qui emerga con lampante chiarezza anche la diversità di giudizio che diamo noi con quello che danno altri, a cominciare dal Segretario del PD Enrico Letta. Sono persuaso che non ci sia nessuna continuità da rivendicare rispetto all’azione di un governo che, per quanto nato nella fase di necessità – e io ribadisco qui il giudizio espresso a suo tempo che noi abbiamo fatto bene a starci dentro – oggi si caratterizza per provvedimenti che in effetti non vanno nella direzione sperata.
Solo per rimanere alle ultime questioni: dalla legge di bilancio, all’accordo recente sulla riforma fiscale che favorisce i ceti medi (ma quanti sono coloro che guadagnano dai 38 ai 50 mila Euro annui? E quanti sono coloro che guadagnano meno? Si dice, nessuno pagherà di più, ed è forse vero. Ma con quali risorse si finanziano i servizi pubblici e il welfare se siamo di fronte ad una riduzione indiscriminata delle tasse che, attraverso la riduzione del numero degli scaglioni, colpirà inevitabilmente i ceti più deboli). Eviterei su questa impostazione fiscale almeno toni trionfalistici da parte nostra. Se risulta evidente che il prodotto finale è una mediazione tra interessi diversi, ancora una volta non siamo riusciti a capire quale era la nostra posizione iniziale. Ma potremmo parlare anche del cosiddetto decreto concorrenza che di fatto finisce per tradursi in una privatizzazione di tutti i servizi, altro che beni pubblici essenziali. Credo che di queste questioni dovremmo discutere di più: altro che continuità. Sono convinto che invece dovremmo caratterizzare la nostra proposta con provvedimenti che migliorino davvero le condizioni di vita
e di lavoro di milioni di persone. Mentre questi provvedimenti vanno avanti, infatti, la legge contro le delocalizzazioni selvagge è ferma, non si parla più di legge sulla rappresentanza sindacale e il reddito di cittadinanza è tutti i giorni sotto attacco, non solo da parte della Destra becera di Salvini e Meloni. Penso che abbiamo bisogno di un confronto vero su questi temi con quelli che dovrebbero essere in nostri alleati. Ma in questi ultimi mesi e in e queste ultime settimane, se possibile, la nostra voce si è ulteriormente affievolita, impegnati a confrontarci
sulla partecipazione alle Agorà del PD.
Voglio qui sgombrare il campo da ogni dubbio in questo senso. Io sono convinto che se le Agorà saranno davvero un momento di confronto sul carattere futuro del Centro-Sinistra, cioè quello che dovrebbero essere nelle intenzioni di chi le ha promosse; se lo saranno davvero, noi abbiamo il dovere di partecipare, di portare lì, come in ogni luogo possibile del confronto, le nostre idee e i nostri valori, il nostro punto di vista sulle grandi questioni che ci stanno a cuore.
Io stesso ho scritto una lettera a Simona Bonafè, chiedendole come intendeva sviluppare il dialogo dentro le Agorà in Toscana, perché noi abbiamo alcune questioni aperte, che fino ad oggi non siamo riusciti a discutere né col PD Toscano, né con la maggioranza che governa la Regione, né, tanto meno, col Suo Presidente e quindi magari potremmo discutere nelle Agorà. La revisione dello Statuto della Regione Toscana e una nuova legge elettorale regionale che superi le storture antidemocratiche di quella presente, anzitutto. Come verranno impiegati i fondi del PNRR nella nostra Regione: quali priorità ci diamo per lo sviluppo della Toscana. Abbiamo sentito di tutto: dal nuovo Stadio Franchi, al tunnel sotto le Apuane, forse sarebbe il caso di discutere. Come agiamo per superare il deficit nel bilancio della Sanità toscana e quindi programmiamo le assunzioni di cui il sistema sanitario regionale necessita per continuare ad essere quell’avanguardia di servizio pubblico che abbiamo conosciuto e non un servizio dove il privato si insinua in maniera sempre più consistente.
Come intendiamo affrontare le numerose crisi aziendali aperte a cominciare da quella di GKN per finire a quella dell’acciaieria di Piombino passando per le difficoltà che incontra il lavoro portuale. Abbiamo una strategia comune, anche nei confronti del Governo Nazionale, o aspettiamo che quei lavoratori, lì davanti a quella fabbrica muoiano di freddo?
E – infine – come vogliamo superare insieme nella città di Firenze la triste stagione del renzismo che ha portato divisioni a Sinistra e un governo della città dove l’opposizione di Centro-Destra in pratica non esiste più perché le politiche dell’Amministrazione raccolgono sempre più spesso il voto favorevole anche di questa parte. Bene, queste questioni potrebbero essere oggetto, insieme a molte altre di una discussione seria ed approfondita nelle Agorà del PD, ma al momento dalla Segretaria del PD Toscano non ho ricevuto alcuna risposta. Immagino che oggi siano impegnati nella definizione dei loro equilibri nei Congressi che stanno tenendo, ma subito dopo aspettiamo con impazienza di capire se, Agorà o non Agorà, possiamo finalmente discutere di queste questioni con i nostri principali alleati nel governo regionale. Lo dico perché davvero l’idea che a volte sento strisciare come una critica, che noi siamo chiusi al dialogo, non si addice proprio a questa Regione. Noi siamo convinti che il PD rappresenti ad oggi il cardine di una alleanza di Centro-Sinistra che possa sconfiggere la Destra. Ne siamo talmente convinti che pur di non rompere questa alleanza abbiamo sostenuto una candidatura per noi sbagliata nel merito e nel merito come fu quella di Giani. Altro che chiusi al dialogo: quando ci occupiamo di problemi reali diventiamo naturali interlocutori di pezzi interi di società che ci cercano e vogliono confrontarsi con noi. Penso al lavoro che abbiamo fatto per essere presenti durante la vicenda GKN, che ha portato ad esempio, alla nostra Festa di Prato a discutere con noi non solo il Sindaco di Campi Bisenzio, ma anche la stessa CGIL. Penso al lavoro che stiamo facendo sul terreno dei diritti e delle pari opportunità, per il quale ringrazio la Compagna Emerita Cretella, che ci ha reso interlocutori non solo di istituzioni locali guidate da
Sindaci del PD, ma anche di un mondo di associazioni che tendenzialmente diffida della politica, ma ha trovato in noi di Articolo UNO interlocutori seri e affidabili.
E su questo terreno mi permetto di dire che siamo stati, noi in Toscana, anche elemento di sprone per tutto il nostro Partito, come ci ha riconosciuto anche la Compagna Roberta Agostini, protagonista insieme a noi di numerose iniziative che abbiamo promosso. Penso infine alla bellissima Festa Regionale che abbiamo fatto nel Settembre scorso a Livorno che ci ha visto interlocutori di pezzi importanti della città e della Regione, ben oltre i nostri iscritti e i nostri
simpatizzanti. Noi quindi siamo per partecipare alle Agorà così come a tutti i momenti utili di confronto con i nostri alleati di Centro-Sinistra che saranno disponibili: lo abbiamo dimostrato nei fatti. Del resto, Arturo giustamente ci ricorda sempre come questa è una decisione che abbiamo preso nella nostra Assemblea Nazionale del maggio scorso.
E’ assolutamente vero e rivendichiamo le decisioni assunte in quella sede. Per memoria però ricordo qui i termini con cui quella Assemblea si è chiusa, citando il Documento finale che ne emerse. “In conclusione dagli interventi è emersa forte la volontà di guardare al futuro, innanzitutto rafforzando il nostro movimento e contribuendo alla costruzione della nuova formazione della Sinistra, mentre non sarebbe condivisa una operazione politica verticistica che preveda la fusione a freddo di gruppi dirigenti e che non veda coinvolti nel processo di costruzione di questo nuovo contenitore gli iscritti e i dirigenti dei territori, così come sarebbe difficile digerire il rientro tout court in un PD che in
fondo né con Zingaretti, e per il momento neanche con Letta, si è mai davvero messo in discussione”. Purtroppo con l’ultima Direzione Nazionale e, mi dispiace dirlo con la Conferenza Stampa fatta da Roberto Speranza insieme ad Arturo
Scotto, la nostra discussione è diventata proprio questa. Cioè il rientro tout court in un PD che si dice oggi, grazie alle Agorà, potrebbe davvero rimettersi in discussione, tanto che oggi parliamo noi – solo noi per la verità – di nuovo PD. Bene, quello che penso lo sapete, l’ho detto nell’ultima Direzione Nazionale e anche pubblicamente, lo ripeto qui in questa sede. Non credo affatto che dalle Agorà possa nascere un nuovo PD, non credo che queste siano lo strumento perché il PD possa rimettersi in discussione e non credo in effetti che ci siano le condizioni politiche per un nostro ritorno – per chi viene da lì – nel PD.
Penso al contrario che quello che noi dovremmo fare è ciò che non siamo riusciti a fare in questi anni, e cioè la ricostruzione di una forza organizzata della Sinistra che rappresenti il mondo del lavoro e laquestione sociale.
Sono certo che questa operazione avrà tempi lunghi. Sono anche certo che non riusciremo a compierla senza davvero che il PD voglia rimettere in discussione il proprio progetto iniziale. Ma sono anche convinto che non ci siano scorciatoie organizzativistiche per raggiungere questo obiettivo.
Arturo Scotto ha scritto un bel pezzo sul Manifesto qualche giorno fa proprio sulla distanza tra la Sinistra e le fasce sociali che vogliamo rappresentare. Potremmo dirlo in modo crudo con una battuta: coloro che noi vogliamo rappresentare in realtà, almeno fino a oggi, non vogliono farsi rappresentare da noi. Ora, è chiaro che se il PD avesse questo forte legame di classe con le masse popolari e con i lavoratori noi dovremmo prendere in considerazione di stare in quel contenitore più grande anche se numerose fossero le differenze. Ma il PD sconta come noi la totale assenza di questo legame di classe.
Piuttosto quelle masse popolari sono quelle che hanno gonfiato l’astensione anche nelle ultime elezioni amministrative.
Per questo io dico che le ragioni che avevano portato alla nascita di Articolo UNO sono ragioni ancora valide. L’obiettivo bersaniano di far uscire la gente dal bosco è ancora lì. Certo, l’intuizione era giusta, del resto io stesso sono uno di quelli che era nel bosco e che ne è uscito nella speranza di poter costruire davvero qualcosa di nuovo, ma questo progetto si è arenato sempre più. Non abbiamo mai investito abbastanza su noi stessi. Non ci siamo mai fatti promotori di una chiamata a tutto il mondo sparso di una sinistra diffusa come pure avremmo potuto dopo le elezioni regionali dell’anno passato: chiamare tutte quelle esperienze, da Coraggiosa a SCE, per dire loro, costruiamo insieme un forte Partito della Sinistra. Incalziamo insieme il PD per aprire una fase nuova. Ma chi avrebbe dovuto e potuto farlo se non noi, l’unico soggetto a dimensione nazionale, con una leadership di prestigio incarnata da Bersani e
Speranza? Non l’abbiamo fatto, anzi. Siamo stati i primi a nasconderci anche ai nostri elettori, partecipando di volta in volta a liste arlecchino, che nessuno se non gli strettissimi addetti ai lavori, poteva riconoscere. Non stupisce se neppure in questo passaggio elettorale delle amministrative siamo stati in grado di eleggere nessun consigliere. Stupirebbe in effetti il contrario. Ecco, io credo che quello che non abbiamo fatto finora possiamo ancora provare a farlo, a patto certo che non ci rifugiamo in una discussione assolutamente astratta sulla nostra partecipazione alle
Agorà o, peggio, su un nostro eventuale rientro nel PD. Io credo, lo dico a Scotto, come gliel’ho già detto, che se il nostro gruppo dirigente nazionale prendesse questa decisione non si porterebbe dietro nessuno di noi, se non in numeri veramente irrisori, con il risultato di disperdere, ancora una volta, quelle energie, tante o poche, che in questi anni hanno tenuto insieme questo nostro progetto.
Penso che almeno noi dovremmo avere la forza di discutere questo passaggio in un processo di coinvolgimento democratico e partecipativo di tutti in nostri iscritti. Cioè in un Congresso. Arturo ha già detto che il Congresso lo faremo entro i primi mesi del 2022 e credo che lo ribadirà qui stasera. Del resto rimane una incombenza statutaria a cui adempiere. Ora certo, occorre che la convocazione sia formalizzata. Devo dire però che non abbiamo apprezzato la sufficienza con cui alcuni Compagni del nostro gruppo dirigente nazionale hanno affrontato questa richiesta. Nessuno di noi pensa che il Congresso sia un momento sufficiente di per sé a farci superare tutti i problemi, ma siccome nessuno di noi è un
bambino, anche se a qualcuno a volte piace alzare la voce, è evidente che la richiesta è diventata pressante nel momento in cui è sembrato che qualcuno volesse eluderla. Certo, io credo che noi abbiamo bisogno di un confronto vero e di un dibattito dove ci si ascolti reciprocamente: un eventuale Congresso dove ci si conta fra chi ha già deciso di entrare nel PD a prescindere da cosa saranno le Agorà e chi ha già deciso che nel PD non ci entrerà in ogni caso, rischia solo di essere un Congresso di scioglimento. Sarebbe una fine ingloriosa per il nostro movimento e per chi in questi anni ha dedicato tempo ed energie al suo sviluppo e alla sua crescita. E pur tuttavia, io sono convinto che le necessità storiche rimangono a prescindere dalla scelte dei soggetti politici. In altre parole, se nella società esiste davvero il bisogno di dare rappresentanza alla questione sociale, se noi non lo faremo, qualcun altro dopo di noi proverà a farlo.
Io sono solo preoccupato, per il loro interesse, che le masse popolari non si affidino a soggetti minoritari che radicalizzano lo scontro sociale o, peggio, alla Destra peggiore.
Concludo questa mia riflessione con le parole di un banchiere. Qualche giorno fa Carlo Messina, Amministratore Delegato di Banca Intesa San Paolo, il più grande gruppo bancario del Paese, rispondendo ad una domanda del Direttore di Repubblica Maurizio Molinari diceva: “C’è un problema serio di persone in povertà e dovrebbe essere la priorità assoluta di qualsiasi Governo. Uno dei punti fondamentali è la crescita finalizzata al recupero della povertà. Ci sono 5 milioni di poveri e ci preoccupiamo di mille persone che dicono no al Green Pass? Immaginate cosa potrebbe significare se qualcuno che non mangia portasse la sua protesta nelle strade”. Ecco, io penso che dovremmo essere noi i primi a preoccuparci di questo problema e non l’Amministratore Delegato di Banca Intesa.
Firenze, 29 Novembre 2021